In viaggio con le spezie: lo zafferano

I dop italiani, ora come allora. La zona di produzione dello “Zafferano di Sardegna” D.O.P. comprende il territorio dei Comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, tutti nella provincia del Medio Campidano: qui la festosità della raccolta nelle grandi ceste di vimini, la meticolosità della lavorazione manuale ci riportano in una Sardegna arcaica e ci parlano del grande amore per la propria terra e per le proprie tradizioni. Le qualità organolettiche del prodotto sono testimonianza di un clima unico e di un terreno specialmente vocato.

"L’arricchimento del terreno di elementi nutritivi è consentito facendo precedere l’impianto dello zafferano con una leguminosa da granella, lenticchie o ceci. Il controllo delle erbe infestanti deve avvenire attraverso interventi manuali di zappatura sulla fila affiancati da quelli meccanici di fresatura, senza l'utilizzo di sostanze chimiche. La fioritura si protrae per 15-20 giorni. I fiori devono essere raccolti a partire dalle prime ore del giorno quando sono ancora chiusi o leggermente aperti. Devono, quindi, essere adagiati in sottili strati, senza alcuna compressione, dentro ceste." (dal disciplinare di produzione dello Zafferano di Sardegna DOP)

"Per l'occasione ella ha indossato le sue vesti più belle; la tunica orlata da tre nastrini, - verde-bianco-verde- il corsetto di broccato verdolino, la cintura d'argento, il grembiule ricamato, la benda tinta con lo zafferano. E non ha dimenticato gli anelli, no; i grandi anelli preistorici, ornati di cammei, di pietre gialle e verdi, di cornìole incise. Così, grave e adorna, simile ad una vecchia madonna, ella si avanza lentamente, salutando con solenne compostezza le persone che incontra. Cade la sera; l'ora sacra a queste gravi missioni d'amore. Al cader della sera la paraninfa è sicura di trovare a casa il capo della famiglia al quale reca il messaggio arcano." (da Cenere di Grazia Deledda)

La coltivazione dello zafferano a San Gimignano, oggi riscoperta, fu fiorentissima nel Medioevo, quando la ricchezza dei mercanti che vi risiedevano la rese la città delle settanta torri. Lo zafferano era valutato come moneta di scambio, al punto che nel 1228 il Comune di San Gimignano lo costituì in pegno per garantire i fondi necessari all'assedio del Castello della Nera. I sangimignanesi lo commercializzavano in Pisa, Lucca e Genova, dove pure i lucchesi ne importavano grandi quantità.

"Preziose memorie del commercio della Tana ci riferisce Balducci Pegolotti. Più maniere di pesi e di misure si usavano secondo questo scrittore, fra le quali la libbra grossa e sottile di Genova; colla prima si vendevano la cera, il ferro, lo stagno, il rame, pepe, gengiovo, tutte spezierie grosse, robbia e sevo, cotone, formaggio, lino e olio e mele; colla seconda la seta, zafferano, ambra lavorata a modo di pater nostri e tutte spezie minute, oro, argento, e perle." (da Storia politica, commerciale, e letteraria della repubblica di Genova dall'origine fino al 1340 di Michele Giuseppe Canale)

"Quando il nunzio di alcun principe o repubblica recava qualche fausta novella, veniva presentato d’una tunica, guarnacca o cappuccio coi colori del Comune, come praticavasi universalmente in Italia. Ai distinti personaggi poi regalavasi a libbre buonissimo fiore di zafferano, e nel 1267 ne fu presentato il re Carlo d’Angiò di ben 100 libbre." (da Storia della terra di San Gimignano di Luigi Pecori)

Venezia dominava il mercato mediterraneo: vi giungevano le varietà austriache e francesi, cretesi e greche, turco, di Sicilia, di Spagna e, sopra ogni altro, quello aquilano. Norimberga si opponeva al primato per il nord e alle miscele con miele e petali di fiori rispondeva con la morte per i contraffattori. Ma da Venezia, porta d'Oriente, continuerà a passare la storia dello zafferano, che come quelle di tutte le spezie, è storia di grandi viaggi.

"Fortunatamente dal reo contagio illesa Venezia, trovava in essa Petrarca la tranquillità desiderata. Postosi adunque nella donatagli casa, ove alle finestre di quella affacciato si avesse, molti vascelli della casa stessa più ampii, e quasi monti sopra il mare natanti, salpar vedeva per recare, com’egli stesso scriveva, i vini nostri agl’Inglesi, il nostro mele agli Sciti, il zafferano, gli olii e il lino ai Sirii, agli Armeni, ai Persiani ed agli Arabi, e, ciò che appena creduto si avrebbe, le nostre legne agli Achei e agli Egizii." (dagli Annali urbani di Venezia dall'anno 810 al 12 maggio 1797 di Fabio Mutinelli)

A saffron tint o'erspread the broad lagoon
Caught from the golden west, and as its flush
Deepened to crimson, and the crystal air
Beamed like a rainbow, sweetly was revealed
The secret of their art, whose magic hues
Still make the palace walls of Venice glow
With colors born in heaven.

(da Lord Byron at Venice di Henry Theodore Tuckerman)

La Grecia, dove tutto cominciò, zafferano per la medicina e per le offerte agli dei, e poi sparso ai piedi di Nerone a Roma. Ancora Roma che ne profumava gli atri di marmo e al seguito dei suoi eserciti lo diffuse nel mondo di allora. Lo zafferano mise radici nel sud della Gallia e ne coperse i prati di quel fiore delicato che ricorda l’amore di Crocus per Smilax.

"Ella non doveva temere. Vinicio le era vicino e vicino le sarebbe stato. Avrebbe preferito perdere gli occhi che non vederla; perderebbe volentieri la vita piuttosto che abbandonarla. Le avrebbe eretto in casa sua un'ara come a una dea, ardendovi sopra l'aloe e la mirra e nella primavera i pistilli dello zafferano ed i fiori del pomo." (da Quo Vadis di Henryk Sienkiewicz)

"Salve, multicolore messaggera, sempre obbediente alla sposa di Giove, tu che con l’ali tue di zafferano spargi sopra i miei fiori stille di miele e piogge rinfrescanti e incoroni, inarcata nell’azzurro, i miei boschi e le spoglie mie pendici, ricca cintura all’altera mia terra." (da La tempesta di William Shakespeare)

Il medio e il vicino Oriente, la Turchia crocevia di spirito e di pensieri, i luoghi biblici, gli altipiani aridi e le pianure in fiore, l’Han Karkom, monte di zafferano, forse il Sinai della nuova promessa, la festa delle rose e il sorriso delle donne in fiore. Terre dove nulla è scontato e dove la bellezza di una fioritura è metafora per eccellenza, dove notte e giorno si fondono senza confondersi, dove l’alba propizia lo spargersi dei profumi, dove le essenze sono macerate nel legno secondo l’antico rituale dei profumieri e dei distillatori.

All were abroad:--the busiest hive
On Bela's hills is less alive
When saffron-beds are full in flower,
Than lookt the Valley in that hour.
A thousand restless torches played
Thro' every grove and island shade;
A thousand sparkling lamps were set
On every dome and minaret;
And fields and pathways far and near
Were lighted by a blaze so clear
That you could see in wandering round
The smallest rose-leaf on the ground,
Yet did the maids and matrons leave
Their veils at home, that brilliant eve;
And there were glancing eyes about
And cheeks that would not dare shine out
In open day but thought they might
Look lovely then, because 'twas night.
(da The Light of the Haram di Thomas Moore)

"Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c'è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano. Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo con ogni specie d'alberi da incenso; mirra e aloe con tutti i migliori aromi." (dal Cantico dei Cantici, 4, 11-14)

India, Pakistan e Iran, da dove provengono gli stimmi più pregiati, sono le terre in cui lo zafferano colora gli abiti dei monaci del buddhismo theravada, le vesti dei sannyasi hindu che entrano nell’ultimo ashram rinunciando a tutto alla ricerca della liberazione, ma anche gli orli dei sari delle spose e i piatti che prepareranno poi, in patria o emigrando, i Tahchin di riso basmati, i sohat con burro e miele, per riaccendere negli occhi la luce della loro terra.

"In tutta franchezza, sono i colori a definirmi. Il rosso mi ricorda il mio matrimonio, il colore della mehindi, l’henné fragrante e stordente, l’intricato tatuaggio sui miei palmi, secondo la tradizione; l’abito di nozze carminio scintillante chiamato sharara, che indossai il giorno in cui sposai Faizan; il giallo, il colore dell’ubtan, una pasta che applicai religiosamente sul mio viso venti giorni prima del mio matrimonio nella speranza di acquisire l’ambita luminosità nuziale; e l’arancione, il colore dello zafferano, la polvere finissima che con il giusto tocco aggiunse gusto ad ogni pietanza. Era anche il colore che Faizan sognava per la copertina del suo libro incompiuto, un progetto che pensava lo avrebbe reso uno scrittore famoso, un giorno." "In mezzo agli ospiti che cantavano e danzavano, noi sedevamo su rialzi detti seg, uno a ciascuna estremità della stanza, decorati con coperte in batik gialle e arancioni e con una cortina di fiori di moghra, il gelsomino, e genda, il tagete, una miscela del latte e dello zafferano delle nostre vite, la congiunzione di ordinario e straordinario, una fusione tentacolare di mente e sensi." (da Saffron Dreams di Shaila Abdullah)

E infine, tra crocus latino e za‘farän arabo, non manca chi ritiene che tutto cominci ben prima, nella Cina dei rimedi ancestrali, che invase la Persia, nel Giappone dei commerci Edo e Bunsei, nell’estremo Oriente immaginato dei racconti d’avventura, in quello degli arcipelaghi oltre le colonie orientali, delle isole selvagge dei pirati che lo zafferano predavano ad incauti vascelli mercantili, dell’isola della Prima Madre, ignota alle carte di navigazione. Lo zafferano del sogno, droga dell'evocazione, pigmento atemporale dell’effimero, che teme la luce del sole e della realtà.

"Il nonno di Geeta abbassa la canuta testa orgogliosa, le parole di preghiera, pronunciate da lui, suonano incongrue come una lingua straniera. Gli preparo una polvere di mandorle e zafferano da far bollire nel latte. Lo deve bere tutta la famiglia prima di coricarsi, raccomando, per addolcire pensieri e parole, per ricordare l’amore sepolto sotto l’ira." (da La maga delle spezie di Chitra Banerjee Divakaruni)

"Dunque, al Giappone!… si piglia prima per Suez; si fà il mar Rosso… tocco Ceilan, mi vi provvedo del buon zafferano, torno a imbarcarmi per Singapore e Sciang-hai, vo a Nagasaki, poi a Yokoama, poi, se si può, infilo lo stretto di Kanagava… — Ed egli scorgèa di già i draghi-volanti nella imperiale Jeddo." (da Gocce di inchiostro di Carlo Dossi)